nota di Fabiano Tiziano Fagliari Zeni Buchicchio
La particolare posizione di Acquapendente sulla via francigena non solo tra Siena e Viterbo ma anche tra la Maremma, Orvieto e l’Umbria può spiegare il particolare sviluppo della località come centro di produzione e di vendita delle ceramiche. Il documento più antico finora reperito risale al 16 maggio 1363 e riguarda una società nell’arte dei vascellari fra un certo Luca Benigni e Angelo Paraventi, residenti in Acquapendente, ma dei quali non furono dichiarati i luoghi di provenienza. La bottega era stata presa in affitto senza precisarne il numero dei lavoranti; però, indirettamente, si deduce l’esistenza, già allora, di altre botteghe con altri lavoranti concorrenti.1
La copiosa documentazione del XV e XVI secolo offre un preciso e ampio quadro sui luoghi di provenienza delle maestranze stabilitesi in Acquapendente e riunite nella locale arte dei vascellari; oltre che da Viterbo e da Orvieto sono originarie da diversi centri della Toscana, dell’Umbria e delle Marche.2
Alle proprie dipendenze ciascun maestro poteva avere giovani lavoranti o manuali intenzionati ad apprendere il mestiere; per Cimiano di Damiano il periodo di apprendistato dei suoi aiutanti fu fissato in cinque anni sia il 17 gennaio 1506 per il giovane Serafino, orfano del fornaciaro Antonio da Sarteano, e sia il 12 aprile 1515 per Braccesco di Antonio Braccesco.3
La formazione professionale poteva avvenire non solo ad Acquapendente ma anche a Viterbo e in altri centri di produzione non precisati. Così il 17 febbraio 1582 un giovane orfano acquesiano, Nicola del fu Giovanni Paolo, dichiara di aver ricevuto ben 35 scudi, in più volte, direttamente dalla madre Emilia, figlia del defunto Sunzio Stellifero, mentre il giovane, minore di 25 anni e maggiore di 22, apprendeva l’arte figlina ovvero fittile, tanto nella città di Viterbo che in patria, e mentre, per tale finalità, si recava in vari luoghi. Così Nicola ipotecava una propria casa, posta nel quartiere di San Lorenzo di Acquapendente, impegnandosi alla restituzione della somma, da darsi in parte anche ai fratellastri nati dal secondo matrimonio della madre.4
Un aspetto non ancora sufficientemente approfondito per Aquapendente è la partecipazione dei pittori minori all’attività delle botteghe di vascellari. Dal 1481 al 1509 è stabilmente in Acquapendente il pittore romano Mario di Stefano degli Accursini: il 12 dicembre 1504, per la comunità e in luoghi esposti al pubblico, dipinge gli stemmi dei cardinali di San Severino, Farnese, del chierico di camera Lorenzo Pucci e del vicelegato, ovvero della comunità.5
Dal 1500 al 1504 lo segue un altro pittore Sante Santoro di Giovanni Pietro della vicina San Lorenzo in Val di Lago. Un’opera del tutto sconosciuta è quella del pittore viterbese, ma residente a Montefiascone, Giovanni Francesco d’Avanzarano detto il Fantastico: con cottimo del 10 gennaio 1515 si impegnò ad eseguire in Acquapendente, nella cappella di Santa Maria Maddalena, una immagine della Santa di rilievo con tabernacolo e altre figure da dipingere a colori; nel pavimento inferiore doveva fare la storia del Crocifisso, cioè del miracolo fatto in processione. Una indagine, anche documentaria, potrebbe chiarire se l’opera, o parte di essa, fu eseguita in ceramica o in altro materiale e se resti della stessa possono essere in qualche modo recuperati.6
Su Giacomo Parissi di mastro Agostino da Benevento, ma residente a Pitigliano, sono documentate le pale d’altare in ceramica da lui realizzate. La prima, per la cappella del Corpo di Cristo nella chiesa di San Pietro di Pitigliano, fu eseguita nel 1512 sulla base di un contratto di allocazione con riferimenti sia ad un primo disegno, venuto da Firenze e opera di uno scultore, e sia ad un secondo disegno concorrente dello stesso pittore e caratterizzato da almeno due figure principali. Segue poi, nel 1517-1521, la pala per l’altare maggiore della chiesa di San Francesco a Montefiascone. Nel contratto si danno precise misure dell’intera opera e si descrivono tutte le figure nella loro posizione; di queste si è conservata ed è visibile soltanto parte di una nicchia con l’intera figura di San Francesco. Infine, nel 1521-1522, vi è la pala d’altare per la cappella del Corpo di Cristo nella chiesa di San Pietro dell’Olmo di Acquapendente.7
Pitigliano – Oratorio del Sacramento nella chiesa di San Pietro. Parte residua della pala d’altare realizzata nel 1512 dal pittore ceramista Giacomo Parissi da Benevento
Per la pala di Pitigliano fu precisato l’utilizzo della creta di Acquapendente, per quella di Montefiascone fu previsto il trasporto da Pitigliano, ma è probabile che all’opera abbia preso parte anche il vascellaro di Acquapendente Francesco di Giovanni Menicuzio Bello detto del Gatto. Frammenti di una probabile pala d’altare sono stati riconosciuti come provenienti dalla chiesa di San Nicola di Sorano, non distante da Pitigliano, e attribuiti provvisoriamente allo stesso Giacomo Parissi da Benevento, pur mancando documenti certi.8
La pala di Acquapendente è l’unica conservata nella maggior parte, sia pure con le integrazioni riconoscibili del XIX secolo e i danni della seconda guerra mondiale. I pezzi mancanti delle due pale di Pitigliano e di Montefiascone potrebbero essere stati reimpiegati in alcuni tamponamenti murari successivi e quindi non si esclude un loro recupero con le necessarie cautele. A Pitigliano, a destra della chiesa di San Pietro, sopra l’architrave del portale con l’iscrizione “ORATORIVM A(nno) D(omini) MDCXXXXII” è ben visibile la parte terminale superiore della pala del Parissi con due Angeli laterali che sorreggono, al centro, il calice con sovrastante ostia. Altri pezzi, sia della parte centrale che di quella basamentale, vanno opportunamente ricercati nei riempimenti murari dell’oratorio trasformato nel 1642.
In precedenza la permanenza del pittore beneventano a Pitigliano era stata indicata tra il 1507 e il 1527 mentre, molto prima, tra il 1487 e il 1491, abitava a Pitigliano l’armigero Forte di Giacomo, ugualmente da Benevento ma al servizio del conte Nicolò III Orsini. Ora un nuovo documento d’archivio colloca l’arrivo del Parissi a Pitigliano anteriormente al 7 gennaio 1487, quando all’interno della Rocca, nella sala di residenza della contessa Elena Orsini, lo stesso artista stipula il compromesso di matrimonio con Mariano di Antonio Albo di Pitigliano, che per la figlia Nocenzia, assicura una dote di 40 fiorini, oltre i consueti corredi stabiliti dallo statuto locale. Segue poi la cerimonia nunziale vera e propria con l’assenso degli sposi e lo scambio degli anelli. All’atto come testimoni sono presenti un certo mastro Agostino, sicuramente padre dello sposo, e lo scultore Turino di Giovanni Turino da Siena, abitante a Pitigliano almeno oltre il 1492.9
Fra gli artisti, fin dal 1° maggio 1475, si segnala a Pitigliano la presenza del pittore Pietro di Giovanni Turino da Siena, fratello dello scultore; ma ancora nel 1488, gli atti notarili registrano, oltre un pittore locale di nome Jeronimo, un mastro Pietro di Valentino, pittore milanese abitante a Pitigliano; l’atto fu stipulato nella sala nuova inferiore della Rocca, il cui portale è precisato presso la cisterna.10
Tra il 1475 e il 1530 un solo figulo, Giovanni Paolo del defunto Silvestro da Orvieto, risulta abitare a Pitigliano il 2 aprile 1492, quando dà in sposa la figlia Antonia ad un certo Antonio di Pietro dei Manni di Altiglio da Monferrato.1
E’ probabile che, nell’ultimo quarto del XV secolo, lo scultore Turino di Giovanni Turino da Siena sia l’autore delle prime opere scultoree fatte realizzare dal conte Nicolò III Orsini, sia nella Rocca che nelle aree e edifici pubblici di Pitigliano. Nello stesso periodo, il fratello pittore Pietro Turino da Siena potrebbe aver progettato, guidato e diretto, con l’ausilio di altre maestranze minori, i cicli di affreschi realizzati nelle nuove sale della Rocca di Pitigliano. In questo particolare cantiere pitiglianese, con la presenza del padre Agostino la cui professione non è però specificata, si può essere formato come pittore Giacomo Parissi; l’artista beneventano può aver maturato anche le necessarie esperienze nella scultura e nel modellare l’argilla seguendo l’attività dello scultore senese Turino di Giovanni e quella del figulo orvietano Pietro di Valentino. Infine, con scambio delle reciproche esperienze, per il pittore beneventano non poteva mancare una assidua frequentazione della vicina e numerosa arte dei vascellari di Acquapendente.
NOTE
1 F. T. FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO, Le fonti notarili per la storia della tradizione ceramica, in “Vascellari Rivista di storia della tradizione ceramica” , Anno 1, N. 1 gennaio/giugno 2003, pp. 67-81.
2 F.T. FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO, Documenti di Acquapendente sull’attività dei vascellari nel XV secolo e nella prima metà del XVI, in “Atti del I° convegno di studi Le ceramiche medioevali e rinascimentali di Acquapendente” (Acquapendente 29 maggio 1995), a cura di R. Chiovelli, Acquapendente 1997, pp. 33-46. B. MANCINI, L’attività figula in Acquapendente nella seconda metà del XVI secolo nelle fonti d’archivio, in “Atti del I° convegno di studi Le ceramiche medioevali e rinascimentali di Acquapendente” (Acquapendente 29 maggio 1995), a cura di R. Chiovelli, Acquapendente 1997, pp. 73-100.
3 Archivio di Stato di Viterbo, notarile Acquapendente 523, Ptholomeus quondam Guilielmj de Odutijs de Aquapendente (1498-1507), 76v; IVI, 174, Sfortia Bernardini de Perusio (1512-1518), 49r.
4 IVI, 102, Horatius Astreus quondam Adriani ser Julij ab Aquipendio (1581-1583), 70r-v.
5 IVI, IVI, 522, Ptholomeus quondam Guilielmj de Odutijs de Aquapendente (1491-1508), 409r.
6 F. T. FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO, Le fonti d’archivio sulla chiesina campestre della Madonna dei Cacciatori a Bolsena, in “La Madonna dei Cacciatori a Bolsena. Una chiesina ritrovata” a cura di Nino Botarelli, Città di Bolsena Editrice, Bolsena 1997, p. 35, nota 50.
7 F. T. FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO, Giacomo Parissi da Benevento un pittore ceramista del XVI secolo fra Lazio e Toscana, in “Studi Beneventani”, 7, 1998, pp. 187-232.
8 A. BIONDI, A Sorano è riemersa a pezzi una possibile opera di Jacopo Beneventano, in “Faenza”, 2012, 2, pp. 30-38; R. LUZI, Le ceramiche rinvenute a Sorano. Nota tecnica, in “Faenza”, 2012, 2, pp. 39-47.
9 Archivio di Stato di Siena, notarile antecosimiano 989/I, Bonus Amicus Dominici de castro Pitilianj (1485-1488), 31v-33r.
10 IVI, 718, Lucas olim Bartholomei Antonij de Galeata partium Romamdiole de Pitiliano (1472-1495), 28v; IVI, 989/I, Bonus Amicus Dominici de castro Pitilianj (1485-1488), 79v-85r.
11 IVI, 718, Lucas olim Bartholomei Antonij de Galeata partium Romamdiole de Pitiliano (1472-1495), 163r.
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