13. gennaio 2017 · Commenti disabilitati su RISPOSTA AL COMMENTO DI CLAUDIO GIARDINI di ALBERTO PICCINI · Categorie:Studi e saggi

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Caro Giardini,

ti ringrazio per l’intervento pubblicato il 9 gennaio sul blog “La Maiolica di Acquapendente” e sul mio personale “Blog di Alberto Piccini”.

Finalmente una voce fuori dal coro! Un atto di denuncia contro l’attuale stato di forte contrapposizione, di guerra non dichiarata, sotterranea ma comunque dura che sta dilaniando il piccolo mondo degli studiosi della Maiolica Rinascimentale Italiana: gli Accademici blablaisti più la quasi totalità dei lokal patriot da una parte, il sottoscritto in solitario dall’altra ed in mezzo coloro che non si schierano, non si pronunciano, per paura di rappresaglie; paure comprensibili, poiché il sottoscritto è disarmato, combatte solo con la sua penna, con “la sua ficcante prosa”, come dici tu, mentre loro usano tutto l’armamentario e gli strumenti del potere. In poco  meno di venti anni di guerra non ho mai ricevuto contestazioni di carattere storico-tecnico-scientifico dai miei oppositori: loro uccidono con il silenzio!!!

Grazie Giardini per avere, con il tuo contributo, aperto un varco, reso chiaro un atteggiamento corporativo, quasi mafioso, da “casta privilegiata” come dici tu. Cosa succederà ora? Probabilmente niente, gli Accademici supportati sempre dai soliti lokal patriot continueranno a snobbarci, negheranno ancora l’esistenza della Casta ma non potranno questa volta certamente affermare che la crisi non c’è, come fecero cinque anni fa quando per primo denunciai in due miei interventi, quasi profetici, la gravità della situazione.

Per fortuna col tempo qualcosa sta cambiando: per esempio la rivista “Faenza”, ormai organo ufficiale degli Accademici, ha ridotto negli anni i suoi abbonamenti a meno di cinquanta. I lettori effettivi sono forse diminuiti di più, mentre di contro, i lettori dei due blog di cui sono responsabile sono in continuo aumento (1300 visite nell’ultimo mese, oltre 15000 annui, con proiezioni in aumento nei prossimi sei mesi). La crisi della rivista Faenza dipende da molti fattori, viene da lontano, dal degrado tecnico-scientifico dei contenuti, dai problemi creati dalle guerre tra Direzione del Museo e Conservatrice (la guerra dei venti anni tra Bojani e Ravanelli Guidotti) e anche dai grossi problemi dello stesso Museo. La famosa macina, immagine metaforica del degrado di questo Museo il  più importante della ceramica in Italia, ha travolto tutto, da Faenza è arrivato alla riviera Adriatica e da lì riprenderà a sprofondare in mare sino a quando non avverrà un profondo, vero, democratico avvicendamento politico perché ormai non è più la crisi di un ceto dirigente locale ma riguarda tutte le regioni del centro Italia e dell’intero paese. Voglio citare un solo esempio che riguarda coloro che amano la Maiolica Rinascimentale in questo paese, il caso dei frammenti che Galeazzo Cora donò al MIC Faenza più di trent’anni fa. Dieci anni or sono, quando decisi di portare all’attenzione della pubblica opinione questo problema, con una campagna nazionale  di stampa incisiva e martellante, con la quale riuscii a convincere e a far muovere il Ministero dei Beni Culturali, pensai di aver vinto la mia battaglia. Infatti ricevetti dall’allora Presidente del Museo Rivola, l’assicurazione scritta che i frammenti del Cora sarebbero stati messi a disposizione della Direzione del Museo di Montelupo per essere classificati, studiati e pubblicati, quindi salvati dal degrado e finalmente messi a disposizione degli studiosi di tutto il mondo. Apprendo adesso dal Professore Fausto Berti che il Museo di Montelupo ha restituito al mittente le poche scatole da camicia (circa un decimo delle seicento che compongono la preziosa collezione), vista l’impossibilità di procedere oltre, data l’azione continua e insistente di interdizione del Museo faentino  tesa ad ostacolare,  o meglio ad impedire, il lavoro di schedatura e di studio. Dieci anni di “melina” in attesa che la polemica si placasse e che questa bruttissima vicenda fosse burocraticamente archiviata. Volevano sin dall’inizio incamerare la straordinaria collezione di maioliche, più di mille pezzi – quasi un museo nel museo – e seppellire poi Galeazzo Cora e i suoi frammenti nell’oblio più assoluto. Purtroppo lo possono fare, non ci sono eredi che contestino; controllano politicamente tutto, anche il Ministero dei Beni Culturali adesso, ma il danno per il patrimonio culturale del Paese sarà enorme perché in futuro  quale collezionista penserà mai di donare le proprie maioliche, o altri oggetti d’arte, ad un  museo italiano?

Prometto ai miei lettori che continuerò a combattere questa battaglia, un po’ donchisciottesca, per salvare i frammenti del Cora, poichè credo ed ho sempre creduto, fin dall’inizio di questa storia, che siano estremamente importanti per gli studi non solo della maiolica Rinascimentale toscana ma anche per tutti gli altri centri di produzione sparsi per il paese; lo farò, pur nella piena consapevolezza che in questa Italia bellissima ma disgraziata non sia più possibile replicare la mitica storia di Davide e Golia.

ALBERTO PICCINI

MILANO, 14 Gennaio 2017

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