a cura di GIULIANA GARDELLI

Documento redatto il 18.9.2006 per il IV convegno sulla Ceramica di Acquapendente

Parte prima

Il Pittore di Cremelia

Piatto espanso, senza tesa e con bordo rilevato, su piede a cercine”, così fu da me definito nel 1986 un piatto datato 1596 che appariva per la prima volta sulla letteratura ceramologica con l’attribuzione al centro laziale di Acquapendente1(fig. 1 a,b).

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Fig. 1 a- Piatto con “CREMELIA BELLA. 1596” . Acquapendente, Pittore di Cremelia, 1596. Collezione privata

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Fig. 1 b-Piatto con “CREMELIA BELLA. 1596”; profilo

Non vi fu alcuna contestazione, che io sappia, né scritta né verbale, a tale inedito riferimento, ritengo in virtù del fatto che i tratti figurativi e tutto il ductus pittorico non trovavano riscontri in nessun altro centro dove la pittura su maiolica aveva fino allora dominato la scena. E’ ben vero che avvicinai il piatto sia a manifattura toscana, nella fattispecie di Montelupo alla fine del Cinquecento, sia alla zona viterbese, ma la sicurezza del ritrovamento con scarti di fornace della stessa tipologia in situ avvalorarono l’ipotesi iniziale.

Quale era la linea pittorica così inedita da indurre lo studioso a cercare nei grandi “buchi neri” della ceramologia italiana un artigiano capace di creare una nuova tipologia troppo a lungo dimenticata?

Cominciamo dall’argilla usata: rossa, dura e compatta si svela sotto una leggera invetriatura nel verso e già da subito si elimina tutto il settore che si snoda dalla Romagna alle Marche, abbondantemente sviscerato in un secolo e più di studi. Essa invece si colloca indubbiamente nelle cave collinari della Toscana e dell’alto Lazio, come precedenti ritrovamenti ceramici nell’antico Ducato di Castro avevano evidenziato negli studi editi fin dal 1981 a cura di R. Luzi e M. Romagnoli2 .

Una ricerca negli archivi locali aveva portato i due studiosi a portare alla luce documenti non solo sulla produttività delle fornaci di Castro, ma anche su quella di Acquapendente, da dove proveniva un …magister Giminianus Stelliferus de Aquipendio Vascellarius modernus…che nel 1579 chiedeva di trasferirsi a lavorare in Castro3. Nel proseguo degli studi e delle ricerche proprio dagli archivi di Acquapendente sono usciti i nomi di molte famiglie che esercitavano l’arte della maiolica o vascelleria che hanno largamente arricchito il panorama ceramico del Rinascimento4, ponendo finalmente fine ad una egemonia critica che aveva assegnato solo ad alcuni centri la totale produzione maiolicata italiana5.

Se i reperti ceramici fino ad allora ritrovati potevano rientrare in un prodotto definibile “popolaresco”6, la figura di Cremelia, la “bella” dipinta nel piatto in esame, rivelava invece tutt’altro stile e tutt’altra tecnica ceramica.

Infatti, mentre i ritrovamenti castrensi della stessa epoca nella quasi totalità sono a ingobbio e vetrina7, il piatto in esame, come gli altri della “Galleria delle belle” di cui tratteremo, sono dipinti su maiolica. Siamo quindi di fronte ad una ceramica elitaria che testimonia la capacità delle fornaci locali di offrire un prodotto di pregio, indice di una classe sociale sufficientemente elevata8. Esaminiamo dunque lo stile pittorico di questo artista ancora anonimo.

Il piatto è dipinto a tutto campo e vi domina un busto femminile il cui viso, appena girato verso sinistra ma non pienamente di tre quarti, ci osserva malizioso dai grandi occhi scuri. La fanciulla appare su un fondo verde che imita forse un tendaggio, trapassato ai due lati da cartigli con la scritta, a sinistra “CREMEL” e a destra “I A . BELLA”. Nell’amplissimo giro manica in basso a sinistra vi è la data in corsivo: “1596”. Possiamo dunque definire il piatto un “gamelio”, omaggio alla bellezza femminile, offerto in occasione del fidanzamento o del matrimonio di Cremelia, che può essere avvenuto appunto nel 1596.

In attesa di dare un nome a questo straordinario pittore su maiolica, lo chiameremo il “Pittore di Cremelia”. Quali sono i tratti caratteristici della sua pittura così particolare da balzare evidente in una galleria di “belle” che ancorché non sia fino ad oggi affollata, è destinata, ne siamo convinti, ad accrescersi nel corso degli studi ?9

Grazia e raffinatezza caratterizzano la sinuosa movenza del viso di Cremelia, che esce dal fondale attraverso una sapiente composizione degli elementi figurativi. I due cartigli in opposizione sono trapassati dalle punte dell’ampio collare (o colletto) giallo della veste raffinatissima, con ricami e merletti che ne sottolineano il bordo. Piegoline appena accennate, ma visibili attraverso sottili linee a punta di pennello, che alternano due toni di giallo, sviluppano la stoffa verso l’alto per formare il ventaglio dal quale emerge il delicato viso su collo e busto ben impostato. Il pittore usa ora un pennello più grosso intriso di colore giallo per creare a sinistra la parte in ombra del viso mediante ampie pennellate, mentre lascia a destra il bianco di fondo come delicato incarnato della fanciulla illuminato dalla luce radente, sì da ottenere il rilievo del volto. I grandi occhi sono disegnati con tratto nitido, mentre l’acconciatura dei capelli è trattenuta sulla nuca da un grande cercine10.

Sul davanti, nell’ampia scollatura scende un filo di perle che trattiene un gioiello a forma di pendente assai elaborato che ricorda anche l’orecchino.

Il tono scuro della collana potrebbe indicare corallo nero o forse lapislazzulo a sottolineare ancor più l’elevato livello sociale della committenza.

Esaminata la fanciulla dipinta, osserviamo la struttura del gamelio, a metà strada fra il catino, di cui non ha l’altezza, ed il piatto, senza tuttavia sottolineatura di tesa o cavetto11. Dalla letteratura ceramologia che è seguita alla pubblicazione della “CREMELIA BELLA12, conosciamo una serie di piatti di simile fattura, eseguiti su stampo, con iscritti nomi di fanciulle e talora con date.

L’arco cronologico di questa tipologia di “belle”, attribuibili al medesimo pittore, e con le medesime caratteristiche sia nello stile pittorico sia nell’atteggiamento e nella moda delle fanciulle, percorre due decenni, dal 1579 al 1596.

A questo punto tuttavia è doveroso esaminare un gruppo di gamelii riferibili al 1565, ruotanti attorno ad un pittore che si firma “R” nel verso della coppa con “GINEVRA BELLA” (fig. 2 a,b).

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Fig. 2 a- Coppa con “GINEVRA BELLA”. Acquapendente, Pittore R. 1565 ca. Faenza MICF , già Collezione Mereghi.

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Fig. 2b- Verso con lettera R.

Si tratta di tre ceramiche in cui le fanciulle sono abbigliate in modo assai simile alle “belle” dello Stato di Urbino13, come erano dipinte sulla maiolica nei primi decenni del secolo decimosesto, secondo una moda che sarà superata già al terzo quarto del secolo. La coppa che fissa la datazione del piccolo gruppo al 1565 omaggia una “ANTINA BELLA” (fig.3 a,b) e si trova in collezione privata come un’altra con “LA GIULIA BELLA”, mentre la “GINEVRA BELLA” fa mostra di sé al Museo di Faenza, proveniente dalla donazione Mereghi.14 Quale conclusione possiamo trarre dal confronto fra il gruppo del Pittore R e quello del Pittore di Cremelia?

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Fig.3 a- Coppa con “ANTINA BELLA”. Acquapendente, Pittore R, 1565. Collezione privata.

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3 b- verso con la data 1565.

Indubbiamente hanno molto in comune: tratto deciso del disegno, buona prospettiva, capacità di ottenere i rilievi con precisi tocchi di pennello, vivacità di espressione dei visi, cura raffinata dei particolari, anche se rileviamo nel Pittore R una maggior insistenza su particolari anatomici, quali le orecchie ed il naso resi quasi in modo caricaturale con arrovellio della linea disegnativa. E’ tuttavia innegabile che un confronto si pone.

Possiamo ipotizzare che si tratti di un unico pittore che abbia prima lavorato ad Urbino, o comunque abbia avuto in tale ambito la prima formazione intorno alla metà del ‘500 e poi successivamente si sia recato a cercare il proprio spazio vitale nel territorio dell’Altolazio? Siamo tentati di crederlo, in quanto notiamo che il gruppo di Cremelia dimostra una capacità stilistica più matura, che ha eliminato certe asprezze, aggiornandosi anche alla moda del luogo, ma lasciando intatto il proprio ductus pittorico. Perciò l’arco di vita lavorativa di questo straordinario artista potrebbe dunque ampliarsi di più di un decennio ed attestarsi fra il 1565 ed il 1596.

Interessante è senza dubbio l’onomastica che traspare dalle scritte. I nomi, per noi oggi strani, appartenevano ad una classe sociale elevata, probabilmente non solo di Acquapendente, ma trattandosi di commissioni, anche del territorio.

Per quanto conosciamo, quattro sono gli esemplari di gamelii datati con nomi femminili: “ANTINA” del 1565 in collezione privata, la “LIONIA” del 1579, nel Museo di Palazzo Brogiotti a Viterbo15 (fig.4), “FROLITA” del 1583, venduta nell’asta Finarte nel 198916 (fig.5), e la “CREMELIA” del 1596, in collezione privata. Aggiungiamo a queste le non datate: “DOMENICA” già collezione Cora, ora al Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza17, “GIDIA GRATIO”, dipinta di profilo18, in raccolta privata, mentre “VIDONIA” (fig.6) e“LIONIDA G”, le vediamo dipinte su frammenti da recupero19. A queste uniamo le più “antiche”: “ANTINA “ e “GIULIA” che accompagnano “GINEVRA” attorno al 1565.

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Fig.4- Piatto con “LIONIA BELLA. 1579. Acquapendente, Pittore di Cremelia,1579. Viterbo, palazzo Brogiotti.

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Fig.5- Piatto con “FROLITA BELLA 1583/ A N M/ D I”. Acquapendente, Pittore di Cremelia, 1583. Collezione privata.

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Fig. 5 a-  “DOMENICA  BEL..”.  Faenza MICF,  già Collezione Cora.

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Fig.6- Piatto con “VIDONIA BELLA” . Acquapendente, Pittore di Cremelia, sec. XVI, ultimi decenni. Acquapendente, Museo Civico.

Una “IULIA B” su un boccale di stessa provenienza ci sembra opera di un collaboratore più modesto del Pittore di Cremelia o del Pittore R20. Così dicasi per una serie di ceramiche della stessa epoca con volti maschili e femminili rinvenuti nel territorio. E’ evidente che accanto all’opera del maestro ruotavano allievi e collaboratori in grado di attuare prodotti piacevoli, ma di minor pregio e quindi di minor prezzo sul mercato.

A tutte queste potremo aggiungere una “DIANA” di cui tratteremo nella parte seconda del presente studio.

Volgiamo ora l’attenzione anche ad alcuni piatti già della Collezione Cora, e quindi con tutta probabilità provenienti dalla zona tosco-laziale, dati in catalogo a Viterbo, ma sicuramente di Acquapendente, per quanto generiche opere di bottega21. Fra queste infatti estrapoliamo un bel volto maschile di profilo con cartiglio iscritto: “RUGIERI. P.W”, che ritengo riferito al personaggio di Ruggero, protagonista sia dell’Orlando Innamorato del Boiardo, sia poi dell’Orlando Furioso dell’Ariosto, considerato dall’agiografia del tempo antico progenitore della casa d’Este (fig.7). La ceramica faceva parte di una serie per così dire “ariostesca” in quanto esistono altri due piatti riferiti al medesimo poema, l’uno con “ORLANDO” e l’altro con “ANGIOLA BELLA”, chiaramente allusiva ad Angelica22. Tutti portano nel cartiglio sulla destra le lettere “P W” e sarebbe quanto mai interessante scoprire a chi erano riferite. Riteniamo infatti che non si tratti del pittore (che di solito si firmava nel verso), ma con tutta probabilità di un colto personaggio, committente di una serie che doveva senz’altro essere più numerosa. Osservando lo stile che si manifesta nei tre piatti, si notano sottili incisioni nella maiolica blu di fondo, che, insieme al tipo di vesti ricordano molto certa ceramica dello Stato di Urbino. Dato che il modo di usare il pennello per realizzare le figure è quello del Pittore di Cremelia, potrebbero le ceramiche ariostesche costituire il trait d’union fra il Pittore di Cremelia ed il Pittore R ?

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Fig.7- Piatto con “RVGIERI.P.W”. Acquapendente. Pittore di Cremelia o Pittore R, sec. XVI, ultimi decenni. Faenza MICF, già Collezione Cora.

Una curiosa annotazione è nel piatto di FROLITA. Infatti oltre al cartiglio con il nome e la data 1583, ve n’è un altro con queste lettere interpretate nella didascalia del catalogo di vendita: A.N.M./ D.L sciolte in “Anno di nascita 1550”. Con questa interpretazione, al tempo della pittura la donna dallo stranissimo nome avrebbe avuto 33 anni; ci sembra un po’ troppo per un gamelio dal volto di fanciulla. Infatti l’ultima lettera è più verosimilmente una “I”, quindi propendiamo pertanto per l’acronimo: A.N.M.D.I ancora da interpretare. Non sappiamo dove ora si trovi il gamelio con “FROLITA”, ma solo una visione diretta della scritta potrebbe sciogliere ogni dubbio.

Per concludere questa breve disanima su un gruppo particolare di gamelii, ipotizziamo che il Pittore di Cremelia operante in Acquapendente negli ultimi decenni del secolo sia lo stesso che nel 1565 si è firmato con la lettera R, utilizzando uno stile formatosi su precedenti modelli urbinati, oppure, e non è improbabile, che l’uno sia stato allievo dell’altro.

Parte seconda

Il Pittore di Diana

Desideriamo porre l’attenzione su un piatto dedicato ad una fanciulla chiamata classicamente:“DIANA”, facente parte della Collezione “ITALIKA”23 (fig. 8 a b). Sia che fosse veramente il suo nome, sia che sotto lo pseudonimo si celasse una donna amata da un poeta, che per vezzo la riferiva alla dea cacciatrice, simbolo anche della romantica luna, è un fatto che il piatto rivela una tipologia di estrema raffinatezza, per disegno e per tecnica pittorica. Non che i motivi che ornano tutta la superficie, dalla larga tesa al cavetto, non siano noti alla letteratura ceramologia ed anzi non siano prerogativa di molti centri importanti, come Faenza, Urbino, o Deruta, ma qui sono resi in maniera particolare. Si tratta del decoro “bianco su bianco”, uno dei più diffusi per tutto il Cinquecento, anche in centri “minori”24, ma interpretato su una superficie diversa dal solito. Innanzitutto notiamo il colore della maiolica: il bianco è leggermente tendente ad un grigio-avorio-tinto di difficile definizione. Potrebbe essere dovuto all’inserimento, forse casuale, nella mistura di un leggero colorante. Tuttavia vi è un altro problema. La superficie al tatto non appare liscia, ma come premuta su uno stampo con leggerissimo rilievo, avvertibile appunto solo alla carezza leggera delle mani, come se l’autore avesse lavorato con la tecnica del bulino per una incisione su lastra. Per questo motivo qua e là fuoriesce dalla copertura stannifera di base un biscotto molto rosso. Questo tecnica comporta di conseguenza che traspaiano piccole punte rosate, emergenti a leggerissimo rilievo sì da offrire una finissima superficie per una delicata pittura.

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Fig.8 a- Piatto con “DIANA” dipinto a “bianco su bianco”. Acquapendente, Pittore di Diana, sec. XVI, metà. Collezione Italika.

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Fig. 8b- verso.

Il pennello ha evidenziato il decoro con un solo colore, il “bianchetto”, che su tale base crea uno straordinario effetto di grande suggestione e bellezza. La decorazione vuole probabilmente formare un grande fiore quadripetalo con gli archi a loro volta ripieni di tralci floreali, collegati da gruppi di finissime righine parallele, spartiti da una fascia verticale.

Il cavetto riporta il nome “DIANA” in registro attorniato da tralci floreali. Anche il verso presenta una pittura assai curata; è dunque chiaro che siamo davanti ad una ceramica di commissione, che rientra nella tipologia dei gamelii, come del resto dimostra anche il nome della fanciulla a cui è dedicato.

Rarissima, e finora poco nota, è la classe ceramica a cui appartiene il piatto, e già al tempo della stesura del catalogo della collezione ITALIKA (1998/9), pur dubitativamente, l’avevo assegnato al territorio fra Deruta ed Acquapendente. Alla luce di nuovi ritrovamenti nella città altolaziale di reperti “bianco su bianco”, (fig.9) per quanto non identici, sono propensa ad assegnare definitivamente ad Acquapendente questa ceramica.

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Fig.9- Piatto dipinto a “bianco su bianco” . Acquapendente, Pittore di Diana, sec. XVI, metà. Collezione privata.

Note

1 G.Gardelli, Ceramiche del Medioevo e del Rinascimento, Ferrara 1986, p.296 Tavola CXV.

2 Cfr. R. Luzi – M. Romagnoli, antiche maioliche di scavo dalla rocca Farnese in Valentano e altre sparse dal ducato di castro sec. XIII . XVII, Valentano 1981.

3 Ibidem , p. 13.

4 Cfr. R. Luzi – B. Mancini, L’attività ceramica ad Acquapendente e le disavventure di un povero vascellaro, “CeramicaAntica”  a. IV, n.8 (Settembre 1994),pp. 53 – 62.

5 Ricordo ancora lo “scandalo” procurato nel 1982 a certi studiosi dall’uscita  del mio libro “5 secoli di maiolica a Rimini”; si veda, S. Nepoti, Note sulla ceramica a Rimini nel Medioevo. A proposito di una recente pubblicazione”, “Faenza LXIX (1982), n.1-2, pp.5-18.

6 Così O. Mazzucato in Luzi-Romagnoli, antiche maioliche di scavo ..cit. p. 12) che nella introduzione (p. 6) annotava nei piatti e boccali una pittura “alla brava  con gustosissimi  motivi floreali e piccoli uccelli variopinti”.

7 Si  veda anche l’articolo di Luzi- Romagnoli, La produzione della ceramica ad ingobbio nella distrutta città di Castro. Un fenomeno d’arte popolare di intensa diffusione, in “Pennabilli nel Montefeltro. Annali di studi” n.3 (1986), pp.85-103. Si avverte il lettore che per errore l’indicazione dell’articolo non si trova nell’Indice.

8 Nel convegno tenutosi ad Acquapendente nel 1995, Laura Andreani ha trattato con ampia documentazione il problema delle leggi suntuarie locali, che evidenziano l’esistenza di una classe sociale sufficientemente elevata; cfr., L.Andreani, Le ceramiche medievali e rinascimentali di Acquapendente, “Atti del I Convegno di studi. Acquapendente 20 Maggio 1995”, pp. 47-53; sul convegno  anche  M. Burli, Acquapendente:un importante centro di produzione ceramica medioevale e moderna, “CeramicAntica” a.V) n.8 (Settembre 1995), pp.56 – 59.

9 Una veloce analisi in varie collezioni pubbliche ha permesso di individuare altri gamelii del medesimo pittore e saranno esaminati in prossimi studi. In questa occasione si sono cercati riferimenti solo in ambito italiano edito. Inoltre vari reperti dal territorio di Acquapendente presentano volti femminili. Ricordiamo i frammenti con “Lionida G” e “Vidonia” in Andreani, Le ceramiche…,cit., Tav.VI,fig.3.

10 Riteniamo che i capelli di Cremelia siano trattenuti da un grande cercine, un po’ diverso dal balzo, che trattiene invece la chioma di altre belle di Acquapendente.

11 Il gamelio di Cremelia ha queste misure: diam. cm. 35; h. cm.8; diam. piede cm. 12; spessore cm.1.

12 Si veda la bibliografia citata fino al 2000, in R. Luzi, Ceramiche e dolci. Tradizione e devozione, “CeramicaAntica” a.X, n.5 (Maggio 2000), nota 12.

13 Per una visione globale delle tre coppe, cfr., F. Guidi Bruscoli, Un gamelio dalla data inconsueta, “Faenza” LXVII (1981), Tavv. XIII, XIV. Le coppe sono attribuite dall’autore a Viterbo.

14 La coppa con “ANTINA” è edita anche nel catalogo della mostra “Ai confini della maiolica ed oltre”,Faenza 1988, p. 156; quella con “GINEVRA, in C. Ravanelli Guidotti, Donazione Paolo Mereghi. Ceramiche europee ed orientali, Faenza MICF 1987, n.16, entrambe con attribuzione a Viterbo.

15 Cfr. R. Luzi – B. Mancini, L’attività ceramica ad Acquapendente e le disavventure di un povero vascellaro, “Ceramica Antica”  a. IV, n.8 (Settembre 1994), Fig. 8.

16 Asta Finarte n. 710 “Ceramica”, lotto n. 146.

17 Cfr. G.C. Bojani et alii, La donazione Galezzo Cora, “Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza “ 1 Vol. Milano 1985, n. 248, con attribuzione a Viterbo, sec. XVI-XVII.

18 Cfr. Luzi-Mancini, L’attività…,cit. Fig. 7;.

19 Cfr. nota 9.

20 Luzi-Mancini, L’attività…,cit., Fig.6.

21 Cfr. Bojani et alii, La donazione…,cit. nn.246-250.

22 I piatti furono offerti nell’asta di Semenzato del 27 Maggio 1993, a  Firenze, Villa Picchi, con attribuzione a Montelupo; cfr. “Ceramicantica” n. 6 (Giugno 1993), p. 69, in alto.

23 Gardelli, ITALIKA. Maiolica italiana del Rinascimento. Saggi e Studi, Faenza 1999, n. 205. Non è certo che il piatto sia andato venduto nell’asta  curata da ARTCURIAL,  Parigi, Hotel Dassault, Collection ITALIKA Majoliques Italiennes de la Renaissance,  15 Marzo 2005, lotto 59. Misure: diam. cm. 21; h. cm. 3,5.

24 Cfr. Gardelli, 27 Aprile 1552 “Eccettuando gl’istoriati d’Urbino, et li bianchi di Faenza, et d’Urbino” Il “compendiario” nello Stato d’Urbino dal ‘500 al ‘600, in corso di stampa..

03. giugno 2015 · Commenti disabilitati su L’ARCHIVIO STORICO COMUNALE DI ACQUAPENDENTE · Categorie:Studi e saggi

A cura di Marcello ROSSI

L’Archivio Storico Comunale di Acquapendente è fisicamente collocato con la Biblioteca Comunale nei locali del vecchio lavatoio pubblico costruito dall’arch. Guglielmo Meluzzi alla fine del XIX secolo. Questa unione, favorita dall’incremento della ricerca e della produzione di pubblicazioni di storia e tradizioni locali ha permesso di offrire ai ricercatori, agli studiosi e agli studenti, spazi, attrezzature e servizi idonei, ampi orari di apertura, assistenza di personale qualificato.

L’Archivio Storico di Acquapendente è particolarmente ricco e importante, infatti conserva serie di documenti pressoché complete e non ha subito particolari danneggiamenti per calamità naturali o durante l’ultima guerra. E’ costituito da circa 600 buste di documenti e oltre 1000 registri. I documenti più antichi risalgono al 1200 (esiste la copia anche di un atto della fine del 1100). Dagli inizi del 1400, poi, la documentazione non è più sporadica e le serie sono quasi complete.

Le serie principali del Archivio preunitario sono le seguenti: Fondo Diplomatico, Libri Iurium, Statuti, Capitoli e Regolamenti, Riformanze-Consigli, Bandi, Sindacati, Estrazioni del Bossolo, Atti Giudiziari (Cause Civili), Atti Giudiziari (Criminali), Atti Giudiziari (Danno Dato), Catasti, Istrumenti, Aste-Appalti-Affitti, Libri Del Camerariato-Entrate e Uscite, Registri di Corrispondenza, Corrispondenza, Disegni e mappe. Sono presenti inoltre gli Archivi aggregati di Torre Alfina, di Trevinano e dell’Ospedale civile di Acquapendente.

La documentazione è stata completamente riordinata e sono stati effettuati importanti interventi di restauro sui registri particolarmente deteriorati, sulle pergamene e sui disegni.

Il fondo membranaceo inoltre è stato interamente studiato da Laura Andreani e Marcello Rossi con la trascrizione completa del testo, il regesto e l’analisi diplomatica. Molto importante è la ricca documentazione relativa al periodo della Repubblica Romana del 1798-99 quando Acquapendente istituì una delle prime Municipalità repubblicane.

Copertina Quaderni dell'Archivio Storico

Attualmente l’Archivio Storico di Acquapendente sta assumendo un ruolo fondamentale nella realtà culturale del Comune attraverso le attività didattiche, le mostre documentarie, gli studi in corso e la creazione della collana editoriale “Quaderni dell’Archivio Storico” dove vengono pubblicate la ricerche più interessanti per la conoscenza della “Storia locale”.

Di particolare rilievo è il Fondo fotografico dell’Archivio Nocchia, conservato nell’Archivio Storico che permette di effettuare mostre retrospettive sul paese, sugli aquesiani e sulle tradizioni e particolarità locali. Da queste mostre è nata l’apprezzata serie editoriale dei “Ricordi in … colore” che ha già al suo attivo n. 6 volumi.

Copertina del libro fotografico Ricordi in Seppia

Archivio Storico Comunale – Via Cantorrivo, 13 – 01021 ACQUAPENDENTE – Viterbo

Tel. 0763.734776 – Responsabile: Marcello Rossi

Orario di apertura: stesso orario della Biblioteca Comunale

biblioteca.acquapendente@interbusinnes.it

21. maggio 2015 · Commenti disabilitati su Il pittore ceramista Giacomo Parissi da Benevento nei rapporti tra Pitigliano e Acquapendente · Categorie:Studi e saggi

nota di Fabiano Tiziano Fagliari Zeni Buchicchio

La particolare posizione di Acquapendente sulla via francigena non solo tra Siena e Viterbo ma anche tra la Maremma, Orvieto e l’Umbria può spiegare il particolare sviluppo della località come centro di produzione e di vendita delle ceramiche. Il documento più antico finora reperito risale al 16 maggio 1363 e riguarda una società nell’arte dei vascellari fra un certo Luca Benigni e Angelo Paraventi, residenti in Acquapendente, ma dei quali non furono dichiarati i luoghi di provenienza. La bottega era stata presa in affitto senza precisarne il numero dei lavoranti; però, indirettamente, si deduce l’esistenza, già allora, di altre botteghe con altri lavoranti concorrenti.1

La copiosa documentazione del XV e XVI secolo offre un preciso e ampio quadro sui luoghi di provenienza delle maestranze stabilitesi in Acquapendente e riunite nella locale arte dei vascellari; oltre che da Viterbo e da Orvieto sono originarie da diversi centri della Toscana, dell’Umbria e delle Marche.2

Alle proprie dipendenze ciascun maestro poteva avere giovani lavoranti o manuali intenzionati ad apprendere il mestiere; per Cimiano di Damiano il periodo di apprendistato dei suoi aiutanti fu fissato in cinque anni sia il 17 gennaio 1506 per il giovane Serafino, orfano del fornaciaro Antonio da Sarteano, e sia il 12 aprile 1515 per Braccesco di Antonio Braccesco.3

La formazione professionale poteva avvenire non solo ad Acquapendente ma anche a Viterbo e in altri centri di produzione non precisati. Così il 17 febbraio 1582 un giovane orfano acquesiano, Nicola del fu Giovanni Paolo, dichiara di aver ricevuto ben 35 scudi, in più volte, direttamente dalla madre Emilia, figlia del defunto Sunzio Stellifero, mentre il giovane, minore di 25 anni e maggiore di 22, apprendeva l’arte figlina ovvero fittile, tanto nella città di Viterbo che in patria, e mentre, per tale finalità, si recava in vari luoghi. Così Nicola ipotecava una propria casa, posta nel quartiere di San Lorenzo di Acquapendente, impegnandosi alla restituzione della somma, da darsi in parte anche ai fratellastri nati dal secondo matrimonio della madre.4

Un aspetto non ancora sufficientemente approfondito per Aquapendente è la partecipazione dei pittori minori all’attività delle botteghe di vascellari. Dal 1481 al 1509 è stabilmente in Acquapendente il pittore romano Mario di Stefano degli Accursini: il 12 dicembre 1504, per la comunità e in luoghi esposti al pubblico, dipinge gli stemmi dei cardinali di San Severino, Farnese, del chierico di camera Lorenzo Pucci e del vicelegato, ovvero della comunità.5

Dal 1500 al 1504 lo segue un altro pittore Sante Santoro di Giovanni Pietro della vicina San Lorenzo in Val di Lago. Un’opera del tutto sconosciuta è quella del pittore viterbese, ma residente a Montefiascone, Giovanni Francesco d’Avanzarano detto il Fantastico: con cottimo del 10 gennaio 1515 si impegnò ad eseguire in Acquapendente, nella cappella di Santa Maria Maddalena, una immagine della Santa di rilievo con tabernacolo e altre figure da dipingere a colori; nel pavimento inferiore doveva fare la storia del Crocifisso, cioè del miracolo fatto in processione. Una indagine, anche documentaria, potrebbe chiarire se l’opera, o parte di essa, fu eseguita in ceramica o in altro materiale e se resti della stessa possono essere in qualche modo recuperati.6

Su Giacomo Parissi di mastro Agostino da Benevento, ma residente a Pitigliano, sono documentate le pale d’altare in ceramica da lui realizzate. La prima, per la cappella del Corpo di Cristo nella chiesa di San Pietro di Pitigliano, fu eseguita nel 1512 sulla base di un contratto di allocazione con riferimenti sia ad un primo disegno, venuto da Firenze e opera di uno scultore, e sia ad un secondo disegno concorrente dello stesso pittore e caratterizzato da almeno due figure principali. Segue poi, nel 1517-1521, la pala per l’altare maggiore della chiesa di San Francesco a Montefiascone. Nel contratto si danno precise misure dell’intera opera e si descrivono tutte le figure nella loro posizione; di queste si è conservata ed è visibile soltanto parte di una nicchia con l’intera figura di San Francesco. Infine, nel 1521-1522, vi è la pala d’altare per la cappella del Corpo di Cristo nella chiesa di San Pietro dell’Olmo di Acquapendente.7

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Pitigliano – Oratorio del Sacramento nella chiesa di San Pietro. Parte residua della pala d’altare realizzata nel 1512 dal pittore ceramista Giacomo Parissi da Benevento

Per la pala di Pitigliano fu precisato l’utilizzo della creta di Acquapendente, per quella di Montefiascone fu previsto il trasporto da Pitigliano, ma è probabile che all’opera abbia preso parte anche il vascellaro di Acquapendente Francesco di Giovanni Menicuzio Bello detto del Gatto. Frammenti di una probabile pala d’altare sono stati riconosciuti come provenienti dalla chiesa di San Nicola di Sorano, non distante da Pitigliano, e attribuiti provvisoriamente allo stesso Giacomo Parissi da Benevento, pur mancando documenti certi.8

La pala di Acquapendente è l’unica conservata nella maggior parte, sia pure con le integrazioni riconoscibili del XIX secolo e i danni della seconda guerra mondiale. I pezzi mancanti delle due pale di Pitigliano e di Montefiascone potrebbero essere stati reimpiegati in alcuni tamponamenti murari successivi e quindi non si esclude un loro recupero con le necessarie cautele. A Pitigliano, a destra della chiesa di San Pietro, sopra l’architrave del portale con l’iscrizione “ORATORIVM A(nno) D(omini) MDCXXXXII” è ben visibile la parte terminale superiore della pala del Parissi con due Angeli laterali che sorreggono, al centro, il calice con sovrastante ostia. Altri pezzi, sia della parte centrale che di quella basamentale, vanno opportunamente ricercati nei riempimenti murari dell’oratorio trasformato nel 1642.

In precedenza la permanenza del pittore beneventano a Pitigliano era stata indicata tra il 1507 e il 1527 mentre, molto prima, tra il 1487 e il 1491, abitava a Pitigliano l’armigero Forte di Giacomo, ugualmente da Benevento ma al servizio del conte Nicolò III Orsini. Ora un nuovo documento d’archivio colloca l’arrivo del Parissi a Pitigliano anteriormente al 7 gennaio 1487, quando all’interno della Rocca, nella sala di residenza della contessa Elena Orsini, lo stesso artista stipula il compromesso di matrimonio con Mariano di Antonio Albo di Pitigliano, che per la figlia Nocenzia, assicura una dote di 40 fiorini, oltre i consueti corredi stabiliti dallo statuto locale. Segue poi la cerimonia nunziale vera e propria con l’assenso degli sposi e lo scambio degli anelli. All’atto come testimoni sono presenti un certo mastro Agostino, sicuramente padre dello sposo, e lo scultore Turino di Giovanni Turino da Siena, abitante a Pitigliano almeno oltre il 1492.9

Fra gli artisti, fin dal 1° maggio 1475, si segnala a Pitigliano la presenza del pittore Pietro di Giovanni Turino da Siena, fratello dello scultore; ma ancora nel 1488, gli atti notarili registrano, oltre un pittore locale di nome Jeronimo, un mastro Pietro di Valentino, pittore milanese abitante a Pitigliano; l’atto fu stipulato nella sala nuova inferiore della Rocca, il cui portale è precisato presso la cisterna.10

Tra il 1475 e il 1530 un solo figulo, Giovanni Paolo del defunto Silvestro da Orvieto, risulta abitare a Pitigliano il 2 aprile 1492, quando dà in sposa la figlia Antonia ad un certo Antonio di Pietro dei Manni di Altiglio da Monferrato.1

E’ probabile che, nell’ultimo quarto del XV secolo, lo scultore Turino di Giovanni Turino da Siena sia l’autore delle prime opere scultoree fatte realizzare dal conte Nicolò III Orsini, sia nella Rocca che nelle aree e edifici pubblici di Pitigliano. Nello stesso periodo, il fratello pittore Pietro Turino da Siena potrebbe aver progettato, guidato e diretto, con l’ausilio di altre maestranze minori, i cicli di affreschi realizzati nelle nuove sale della Rocca di Pitigliano. In questo particolare cantiere pitiglianese, con la presenza del padre Agostino la cui professione non è però specificata, si può essere formato come pittore Giacomo Parissi; l’artista beneventano può aver maturato anche le necessarie esperienze nella scultura e nel modellare l’argilla seguendo l’attività dello scultore senese Turino di Giovanni e quella del figulo orvietano Pietro di Valentino. Infine, con scambio delle reciproche esperienze, per il pittore beneventano non poteva mancare una assidua frequentazione della vicina e numerosa arte dei vascellari di Acquapendente.

NOTE

1 F. T. FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO, Le fonti notarili per la storia della tradizione ceramica, in “Vascellari Rivista di storia della tradizione ceramica” , Anno 1, N. 1 gennaio/giugno 2003, pp. 67-81.

2 F.T. FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO, Documenti di Acquapendente sull’attività dei vascellari nel XV secolo e nella prima metà del XVI, in “Atti del I° convegno di studi Le ceramiche medioevali e rinascimentali di Acquapendente (Acquapendente 29 maggio 1995), a cura di R. Chiovelli, Acquapendente 1997, pp. 33-46. B. MANCINI, L’attività figula in Acquapendente nella seconda metà del XVI secolo nelle fonti d’archivio, in “Atti del I° convegno di studi Le ceramiche medioevali e rinascimentali di Acquapendente (Acquapendente 29 maggio 1995), a cura di R. Chiovelli, Acquapendente 1997, pp. 73-100.

3 Archivio di Stato di Viterbo, notarile Acquapendente 523, Ptholomeus quondam Guilielmj de Odutijs de Aquapendente (1498-1507), 76v; IVI, 174, Sfortia Bernardini de Perusio (1512-1518), 49r.

4 IVI, 102, Horatius Astreus quondam Adriani ser Julij ab Aquipendio (1581-1583), 70r-v.

5 IVI, IVI, 522, Ptholomeus quondam Guilielmj de Odutijs de Aquapendente (1491-1508), 409r.

6 F. T. FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO, Le fonti d’archivio sulla chiesina campestre della Madonna dei Cacciatori a Bolsena, in “La Madonna dei Cacciatori a Bolsena. Una chiesina ritrovata” a cura di Nino Botarelli, Città di Bolsena Editrice, Bolsena 1997, p. 35, nota 50.

7 F. T. FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO, Giacomo Parissi da Benevento un pittore ceramista del XVI secolo fra Lazio e Toscana, in “Studi Beneventani”, 7, 1998, pp. 187-232.

8 A. BIONDI, A Sorano è riemersa a pezzi una possibile opera di Jacopo Beneventano, in “Faenza”, 2012, 2, pp. 30-38; R. LUZI, Le ceramiche rinvenute a Sorano. Nota tecnica, in “Faenza”, 2012, 2, pp. 39-47.

9 Archivio di Stato di Siena, notarile antecosimiano 989/I, Bonus Amicus Dominici de castro Pitilianj (1485-1488), 31v-33r.

10 IVI, 718, Lucas olim Bartholomei Antonij de Galeata partium Romamdiole de Pitiliano (1472-1495), 28v; IVI, 989/I, Bonus Amicus Dominici de castro Pitilianj (1485-1488), 79v-85r.

11 IVI, 718, Lucas olim Bartholomei Antonij de Galeata partium Romamdiole de Pitiliano (1472-1495), 163r.

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https://docs.google.com/file/d/0B-p5VNXO21sWSmhTN3UtZjBNR3Bkb3pFS2N5ZEpXWF9WdDNz/edit

 

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Il 30 maggio 2015, alle ore 10 presso la Sala Conferenze del Museo della Città di Acquapendente (VT), si terrà la prima conferenza del ciclo dedicato alla ceramica di Acquapendente dal XIII al XVIII secolo. (download locandina in formato jpg)

La Conferenza è organizzata dall’Archeoclub di Acquapendente e dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Acquapendente.

Gli argomenti principali riguarderanno:

La “SUPERBOTTEGA” Descrizione di uno strumento di analisi critica che ha rivoluzionato la storia della Maiolica Italiana del Rinascimento.

I del CARINA-RUBEIS ad Acquapendente-Una dinastia, tre generazioni di grandi maiolicari di origine toscana, operanti per circa un secolo (1470/1570) in Acquapendente. 

A cura di Alberto Piccini
Presentazione dei documenti d’archivio relativi alla famiglia di maiolicari del CARINA-RUBEIS.

A cura di Fabiano Fagliari Zeni Buchicchio

Sarà presentato il programma futuro dell’Archeoclub di Acquapendente e i nuovi strumenti online a disposizione dei soci e degli appassionati di archeologia.

 

La Conferenza è inserita nel più ampio programma della European Francigena Marathon che si terrà il 31 maggio 2015 (info: http://www.francigenamarathon.it)